I risvolti sociali dei progetti di investimento immobiliare in ottica ESG sono parte costitutiva dei processi di rigenerazione urbana, sostanziali, ineludibili.
Ne abbiamo parlato in un nostro precedente focus dedicato alla spiegazione completa dell’acronimo ESG.

In questo focus vogliamo approfondire il tema portato avanti dalla “S” di ESG, l’impatto sociale delle operazioni immobiliari.
L’Unione Europea è arrivata nel febbraio 2022 a un ragionamento compiuto su una Social Taxonomy per la finanza sostenibile e ha individuato i punti chiave di un’azione finanziaria sostenibile a livello sociale.

Uno dei grandi equivoci dell’ESG è lo sbilanciamento del discorso sulla prima lettera dell’acronimo e, dunque, sui temi ambientali. In realtà il protocollo nasce con l’intenzione di dare pari dignità alle tre direttrici di azione: l’attenzione alla persona, che viene messa al centro dei processi di progettazione e di gestione di tutto ciò che intende “essere” ESG-compliant, è fondamentale.
Si tratta di un’attenzione che si focalizza sul singolo individuo, i suoi desideri, le sue necessità, il suo benessere, in ultima analisi.
L’accento viene anche posto però sull’individuo come parte di una comunità, e quindi sull’importanza della sua partecipazione, della collaborazione tra le persone e sulla consapevolezza di questa importanza nel progettare sviluppi immobiliari, nel nostro campo di interesse specifico.
Su questo c’è un ottimo approfondimento di Habitech, socio della rete REbuilding network, intitolato proprio “La S di ESG”.

L’attenzione alla persona rende evidentemente fondamentale valorizzare anche competenze un tempo non considerate così utili all’interno dei tavoli di lavoro di sviluppo immobiliare: competenze umanistiche, con un’attenzione alla persona non solo in quanto “funzione attorale” di chi abita un edificio o un territorio, ma in quanto individuo con bisogni, desideri, aspirazioni..

Per aiutarci nel delicato percorso di comprensione di questo tema abbiamo intervistato Elena Fabris, Head of Community Development di Planet Smart City, proptech company parte di REbuilding network.

Elena Fabris
Elena Fabris

Abbiamo chiesto ad Elena di raccontarci il modello di community management che può risultare vincente oggi in ambito ESG immobiliare, e questo è quello che ci ha detto.

Intervista ad Elena Fabris, Head of Community Development di Planet Smart City

D: Elena, se consideriamo la “S” dell’acronimo ESG, quindi le implicazioni sociali dell’azione di sostenibilità, che figura è il community manager, quali sfide deve affrontare, che opportunità ha di avere un impatto? E in cosa si concretizza la sua azione nel settore degli immobili residenziali?

R: Il Community Manager è una figura centrale, il cui compito è quello di facilitare il cliente/residente nella migliore esperienza di fruizione di spazi e servizi che prevedano una componente collettiva e collaborativa.
Il suo ruolo permette di aumentare l’efficacia della risposta ai bisogni delle persone, mantenendo l’equilibrio con l’efficienza gestionale.

Si prende cura delle necessità dei residenti primariamente su due fronti: quello delle relazioni interpersonali, promuovendo un clima sociale positivo e salutare, e quello delle sinergie con il contesto sociale e culturale di riferimento, valorizzando opportunità presenti o potenziali per il benessere dei clienti.

Nell’ambito degli immobili residenziali, fa riferimento all’esperienza delle persone che abitano gli immobili o che utilizzano a titolo diverso gli asset immobiliari, occupandosi della massima valorizzazione di questi per la soddisfazione delle persone.

Coglie la sfida del coinvolgimento delle persone e del miglioramento dei loro comportamenti, per migliorare l’impatto potenziale grazie alla partecipazione, alla consapevolezza e alla collaborazione che riesce ad attivare e mantenere tra i diversi attori con cui opera.

D: Molto chiaro. La partecipazione dei residenti, il loro coinvolgimento, abbiamo detto che sono fondamentali per un corretto “scarico a terra” di progetti socialmente sostenibili. Quali sono le principali strategie in uso per favorirla?

R: L’ambito dell’engagement delle persone e delle comunità è davvero ampio e complesso. Richiede un mix di competenze e strumenti che coinvolgono comunicazione, psicologia e psicologia sociale, progettazione, così come attitudini come l’ascolto attivo e la facilitazione.

Il Community Manager deve certamente padroneggiare le attitudini e possedere basi conoscitive delle competenze necessarie, ma non è un professionista multidisciplinare.

Deve invece inserirsi in un team di professionisti (o di consulenza) che definisca strategie, metta a disposizione i dispositivi specifici e supervisioni i risultati: è un utilizzatore attento di diversi strumenti con cui implementa le strategie e ne monitora gli effetti.

Per offrire qualche elemento più concreto, le strategie fondamentali alla base di partecipazione e coinvolgimento fanno riferimento a diverse dimensioni:

  • La comprensione, attraverso ascolto, indagine, e lettura di dati di comportamento, del profilo dei residenti in termini di bisogni, interessi, risorse e limiti. Questa comprensione impatta sui successivi elementi;
  • L’accessibilità dell’informazione, sia in termini di reperibilità che di fruibilità ed efficacia;
  • La consapevolezza che partecipazione e coinvolgimento sono il frutto di una relazione a doppia via tra due o più attori: più complessa della creazione di una “audience”. Si tratta di fare spazio agli interlocutori, anche perdendo controllo sul risultato;
  • La previsione del ruolo del residente lungo il percorso, e non solo in fase di feedback all’azione progettata a monte;
  • La semplificazione dell’esperienza e del comportamento proposti al residente che partecipa, anche adottando strumenti come Fun Theory, Gamification, e Behavioural Science.

D: Mettendo in atto queste strategie, le azioni di community management che tipo di impatti hanno, una volta esercitate, sulla vita dei residenti?

R: Come detto, il Community Manager è un utilizzatore attento di strumenti e un facilitatore per l’esperienza degli abitanti.
Grazie alla sua attività di ascolto, facilitazione e ottimizzazione, si migliorano gli impatti sulla vita dei residenti, ma anche sulle performance del progetto residenziale in generale.
A titolo di esempio, tra gli impatti più comuni, ci possiamo attendere:

  • Un aumento del sentimento di appartenenza e di familiarità delle persone con il contesto, che a sua volta promuove dinamiche sociali proattive (piuttosto che conflittuali) nell’affrontare e gestire le difficoltà prevedibili in ogni contesto residenziale;
  • Un miglioramento del benessere psicofisico di singoli, famiglie e gruppi, attraverso il più facile attivarsi di relazioni interpersonali di supporto e condivisione;
  • L’incoraggiamento di comportamenti responsabili che contribuiscono a ridurre l’impatto ambientale del progetto immobiliare;
  • L’ottimizzazione della collaborazione tra le persone, che facilita la risposta condivisa delle persone ai bisogni comuni, e la valorizzazione di risorse informali presenti nel contesto.

D: Nella creazione delle comunità, che è ovviamente il primo passaggio e – per certi aspetti – uno dei più complessi, che ruolo hanno le tecnologie?

R: Le tecnologie giocano un ruolo fondamentale di abilitazione delle persone e di semplificazione dei compiti e degli sforzi.
Questo sia nei confronti dei compiti del Community Manager, sia di quelli dei residenti che si desidera coinvolgere.

L’adozione di tecnologie digitali, per esempio, riduce il tempo di lavoro richiesto per gestire comunicazione, logistica e gestione dei servizi, e parallelamente migliora la scalabilità delle attività. Questo significa anche che, semplificando i compiti e riducendo il tempo necessario ad eseguirli, diventa più facile per i residenti stessi diventare autonomi nella fruizione, e spesso anche nella co-gestione, di servizi e soluzioni comuni.

La tecnologia permette anche di gestire più facilmente le dinamiche organizzative di gruppo e la condivisione di oggetti o di competenze tra abitanti.
Aiuta a ridurre le distanze fisiche tra le persone e consente di collaborare su compiti comuni in modo asincrono (non richiedendo la compresenza fisica e di tempo delle persone coinvolte).
In generale, facilita l’ottenimento di risultati più celeri e di impatti maggiormente duraturi nel tempo.

Dalle parole di Elena Fabris è evidente come il percorso di costruzione di una community, anche in ambito di progetti di sviluppo immobiliare, sia e sarà sempre più centrale: e questo è vero nei progetti residenziali ma anche nei progetti di sviluppo destinati a commerciale e servizi, siano essi spazi per uffici o altre asset class. 

Una prospettiva sociale di sostenibilità negli investimenti immobiliari porta dunque ad impatti positivi sia sulla vita delle persone, che – per usare le parole di Fabris – entrano più facilmente in dinamiche di collaborazione e di proattività piuttosto che nelle tipiche dinamiche di conflitto che si riscontrano avvicinando nello stesso spazio più persone, sia sulla gestione dei progetti: le persone, coinvolte nelle dinamiche di progetto, diventano attori in prima persona, e non più spettatori, ritagliandosi un ruolo di facilitatori dei processi. Chi viene coinvolto acquisisce quasi un ruolo paragonabile a quello dei “peer educator”: fa cassa di risonanza, porta avanti, diffonde una modalità di approccio ai problemi che, se condivisa, aumenta le possibilità di successo.

La rete REbuilding network e l’impegno sull’ESG

Grazie alla chiacchierata con Elena Fabris, abbiamo cercato di far luce sugli aspetti sociali della finanza ESG legata al settore immobiliare, dopo esserci occupati in passato di riflettere sulle competenze richieste ai progettisti immobiliari da questo nuovo paradigma.

L’azione di REbuilding network sul tema della sostenibilità immobiliare parte da lontano ed è recentemente arrivata al promuovere una ricerca in collaborazione con SDA Bocconi su questo tema e, soprattutto, sulla misurabilità di azioni e interventi per poter stabilire un quadro di riferimento certo per i professionisti coinvolti.

Da questa ricerca è stato elaborato un vero e proprio rating ESG per l’immobiliare, che è stato presentato in anteprima al MIPIM di Cannes del 2023 e di cui diamo conto in questo nostro focus dedicato al tema.

Il passo successivo di questa ricerca, dopo avere identificato il framework su cui operare, porterà – sempre insieme a SDA Bocconi – a stabilire come gli impatti positivi della direttrice sociale dell’ESG si traducano in termini economici.

Per lavorare insieme sul tema ESG, o saperne di più sul rating proposto da REbuilding network, vi invitiamo a contattarci.