Dopo aver affrontato il tema dell’ESG come occasione di crescita per lo sviluppo urbano del nostro paese in un precedente focus, in cui abbiamo ascoltato l’autorevole opinione di Stefano Corbella di COIMA a riguardo, riprendiamo quello che secondo noi è il tema del mercato immobiliare del presente e del futuro.

E lo facciamo considerando il tema ESG con un approfondimento verticale proprio sul settore immobiliare.

Di ESG si parla in molti ambiti: sta diventando (ed è già attuale per certi versi) una metrica di valutazione a matrice di diversi ambiti economici e sociali.

Anche nel settore real estate il tema ESG ha diverse declinazioni: si parte da un settore intero, quello immobiliare, che rappresenta un comparto di aziende il cui focus oggi è necessariamente sull’ESG. Ma si passa e si arriva anche a politiche di sostenibilità degli edifici in cui le stesse aziende, quali che siano, operano: le politiche ESG convergono su questi asset aziendali, in diversi modi, tra cui ad esempio lo sviluppo di nuovi design criteria che siano in linea con le politiche di sostenibilità.

Dopo avere visto il “cosa” è l’ESG con il nostro precedente focus e cosa può significare per il futuro del real estate, vediamo dunque il “come”, cioè come il tema ESG può essere affrontato, nelle specificità del settore immobiliare.

ESG: un acronimo nuovo per concetti validi da tempo

L’impressione, quando si affronta il tema dell’ESG, è che ci si trovi di fronte a una sorta di prateria sconfinata in cui i riferimenti per orientarsi all’interno di un paesaggio complesso e mutevole non sono facili da individuare. Preziosi, anzi, preziosissimi, ma non immediati.

La richiesta di informazioni sul tema è alta, l’offerta di contenuti – a cui questo e gli altri focus di REbuilding network vogliono contribuire – non sempre all’altezza, sia in quantità che in qualità.

L’argomento è certamente nuovo, le sue caratteristiche decisamente complesse: l’ESG abbraccia e conclude in uno solo acronimo molti ambiti di pensiero, lavoro, valutazione.

Si tratta di un tema decisamente interdisciplinare e molto  tecnico, specialmente sugli aspetti ambientali: richiede competenze in materia di energia, rifiuti, gestione acqua, materiali, calcolo delle emissioni. Occorre la capacità di rendere comprensibili e attuabili nella realtà leggi, regolamenti, aspetti fiscali, di marketing e promozione, aspetti sociali, elementi di comunicazione, aspetti organizzativi e gestionali.

Si tratta di un acronimo che racchiude un mondo estremamente complesso: la scomposizione della sigla non è lineare, ma a matrice.

La complessità si articola in mille e più temi e sottotemi, molti rami di un albero che si concatenano continuamente, assumendo un aspetto tentacolare.

Un aspetto in tutto e per tutto molto vicino a quello della rete: una natura a network che è esattamente quella di REbuilding network.

Da sempre, da ben prima che nascesse anche l’idea stessa della sigla ESG, Habitech (e con essa le altre aziende che fanno parte di REbuilding network) è su questi temi, avendo contribuito non solo al loro studio e alla loro applicazione, ma anche alla diffusione del conoscenza in ambito nazionale su quanto gravita intorno alla sostenibilità Ambientale (Environment), Sociale e di Governance.

Circa 15 anni fa Habitech aveva necessità di codificare un aspetto ESG, il come rendere sostenibili gli edifici, e come poter misurare le performance di sostenibilità. La costituzione del Green Building Council e l’introduzione del sistema di misura LEED sono andate proprio in questa direzione: l’obiettivo dichiarato era quello di introdurre un sistema che, riconosciuto a livello internazionale, rendesse possibili tre cose.

In primo luogo una definizione omogenea di green building a tutti i livelli del mercato, fornendo quindi una serie di KPI per definire gli obiettivi e i contenuti di sostenibilità da poter ottenere in un edificio. In secondo luogo, la possibilità di misurare la performance definendo livelli diversificati.
In ultimo, la confrontabilità di benchmarking, la possibilità per tutti di avere un confronto sui risultati di altri casi.

Ma – stabilito di poterne parlare a ragion veduta – andiamo con ordine e occupiamoci di sciogliere i nodi di questo acronimo.

ESG, l’acronimo svelato: Environment, Social, Governance

Come abbiamo detto, il disvelarsi dell’acronimo avviene a più livelli interconnessi tra loro, ma i tre nodi principali (se consideriamo la metafora della rete o dell’albero come sempre valida) sono gli aspetti ambientali, sociali e di gestione/governance.

A monte di queste tre direttrici di analisi su cui ci muoveremo tra poco sta il nocciolo della questione ESG, ovvero lo spostamento del focus di valutazione dal solo piano economico ad altri aspetti, non finanziari.

L’investimento immobiliare, quando viene analizzato attraverso la lente di ingrandimento dell’ESG, non viene valutato dal punto di vista del solo rischio economico: il rischio dell’investimento viene legato anche a dinamiche ambientali, di sostenibilità sociale e di governance.

Maggiore è la considerazione del “nucleo immobiliare” (tra poco chiariremo questo concetto) per l’ambiente, il territorio che lo circonda, la gestione e la gestibilità futura dell’insieme, minore è il rischio legato all’investimento che percepisce chi ha capitali da impegnare. Se questi aspetti non vengono tenuti in conto a sufficienza, a parità di aspetti finanziari, aumenta comunque il rischio percepito e diminuisce la capacità di attrarre finanziamenti.

A cominciare questo cambio di punto di vista è stato nel 2019 il regolamento n.2088 dell’Unione Europea  che ha dipinto un quadro normativo sulla sostenibilità del settore nei servizi finanziari: un testo nel quale a livello di UE si chiede a fondi e “partecipanti ai mercati finanziari” di dare conto non soltanto della loro parte economica ma anche di esplicitare le proprie politiche di sostenibilità.

Si comincia cioè a chiedere non solo una rendicontazione finanziaria, ma anche una rendicontazione “sociale” e “ambientale” ad ampio spettro.

Dicevamo poco fa che questo tipo di attenzioni ambientali, sociali e di gestione/indirizzo si applicano al settore immobiliare non soltanto agli edifici ma a un più ampio ambito, che abbiamo chiamato “nucleo immobiliare”.

Di cosa si tratti lo spiega molto bene l’articolo di Andrea Beltratti e Alessia Berzecchi su real estate e sostenibilità.

Quella che gli autori chiamano “equazione di sostenibilità” del real estate ha più incognite,non il solo immobile. Ne vengono individuate cinque: il proprietario, l’immobile, il locatario, i professionisti, gli utilizzatori finali.

Tutti e cinque – dicono Beltratti e Berzecchi – con i loro comportamenti e modelli di business, possono contribuire alla sostenibilità dell’operazione”.

In che modo? Sempre riportando un passaggio del loro lavoro, ecco come:

  1. Il proprietario deve continuamente agire per mantenere nelle migliori condizioni l’immobile, effettuando la manutenzione storica e anche quella predittiva, e dotando appena possibile l’edificio dei nuovi prodotti e servizi resi disponibili dalla tecnologia.
  2. L’immobile deve essere costruito in modo da assicurare il miglior utilizzo delle risorse energetiche, se possibile diventando fonte di produzione e non di consumo di energia, e fornire soluzioni per un utilizzo degli spazi armonico che consenta a tutti di massimizzare la produttività e il benessere.
  3. Il locatario prende le decisioni rilevanti sulle modalità e l’organizzazione del lavoro all’interno dell’edificio, dando le indicazioni per elementi quali la gestione dei rifiuti, l’utilizzo delle risorse, le regole da seguire all’interno dell’edificio.
  4. I professionisti hanno il compito di rispettare le regole e farsi parte attiva per migliorarle ulteriormente, fornendo indicazioni basate sulla loro esperienza di individui che frequentano su base continuativa l’immobile (la ricerca infatti evidenzia che alcuni nuovi edifici hanno potenzialmente ma non concretamente un minor consumo energetico a causa del tipo di utilizzo fatto).
  5. I clienti, infine, devono contribuire con i loro comportamenti, idealmente portando anche all’esterno le regole di sostenibilità decise all’interno dell’immobile.

E’ chiaro dunque che il primo passaggio per comprendere in pieno l’azione complessa della prospettiva ESG è quello di capire meglio come si concretizzano le azioni per ciascuna lettera dell’acronimo.

Vediamolo insieme.

Environment
E come Environment

E come Environment

L’attenzione ai temi ambientali, lo abbiamo detto e ridetto, è una delle leve dello sviluppo attuale e futuro, in ogni settore.

L’Unione Europea ha avviato nel 2018 un Piano d’azione per lo sviluppo della finanza sostenibile per incrementare gli investimenti in progetti sostenibili e promuovere l’integrazione dei criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) nella gestione dei rischi e nell’orizzonte temporale degli operatori finanziari (si veda a questo proposito l’utile contenuto “L’Unione Europea e la finanza sostenibile: impatti e prospettive per il mercato italiano”).

Con il regolamento europeo 852/2020, il Parlamento e il Consiglio Europeo hanno emanato una vera e propria tassonomia-quadro che favorisce gli investimenti sostenibili, andando ad agire proprio sulla “E” del tema ESG.

Il regolamento definisce sei obiettivi ambientali di un investimento sostenibile:

  1. la mitigazione dei cambiamenti climatici;
  2. l’adattamento ai cambiamenti climatici;
  3. l’uso sostenibile e la protezione delle acque e delle risorse marine;
  4. la transizione verso un’economia circolare;
  5. la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento;
  6. la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi

Il punto interessante di questo regolamento sta nel coniugare obiettivi che sono in tutto e per tutto normati (la mitigazione dei cambiamenti climatici e l’adattamento a questi cambiamenti) e obiettivi non normati.

Nei primi due obiettivi le disposizioni delle norme diventano di fatto dei capitolati: per gli investitori in iniziative immobiliari sostenibili di fatto sono a disposizione delle matrici di valutazione dell’investimento che ne rivelano le percentuali di rischio legate al soddisfacimento dei parametri “E“ (Environmental).

Per gli altri quattro obiettivi, siamo in presenza non di un contesto normativo ben definito, quanto piuttosto di uno spazio di iniziativa del singolo, delle imprese e degli investitori.

Se da un lato questo spazio appare meno definito nei confini, e potenzialmente meno concreto (e concretizzabile) rispetto a un contesto definito per legge, è anche vero che i framework volontari diventano fondamentali: saper disegnare una progettualità che vada incontro agli obiettivi ambientali, fondandola su idee e iniziative da pensare e realizzare al di fuori di una richiesta esplicita da parte della legge è un elemento di forte concorrenza in primis e, in seconda battuta, di forte valorizzazione delle professionalità coinvolte.

In questo contesto la composizione corretta dei team e degli attori che in essi operano verso il soddisfare gli obiettivi ambientali fissati dall’Unione Europea è strategica: occorre miscelare le competenze, agire in un contesto di rete tra diverse aziende e sensibilità, creare un metodo di lavoro innovativo all’interno del settore immobiliare italiano.

Un metodo di lavoro che REbuilding network adotta da tempo, partendo – nel mondo ESG – dall’esperienza di quasi 15 anni di Habitech, socio fondatore della rete, messa a fattor comune con le competenze e le soluzioni progettuali specifiche degli altri soci del network.

Soluzioni che spaziano dai materiali agli aspetti finanziari, dai sistemi di controllo intelligente degli sprechi alle soluzioni di gestione di riscaldamento e raffreddamento e illuminazione.

Ecco che la declinazione a matrice di ESG di cui parlavamo ad inizio di questo focus ritorna: gli aspetti ambientali, sociali e di governance sono multi livello, spesso influiscono a diversi livelli di profondità, non soltanto in cima all’alberatura.

Social
S come social

S come social

La seconda lettera dell’acronimo identifica la componente di sostenibilità sociale degli investimenti immobiliari.

Il settore real estate è “social” per sua stessa natura: il percorso di miglioramento del patrimonio immobiliare italiano, che ha un’età media piuttosto avanzata e caratteristiche energetiche non al passo con le richieste dei tempi che viviamo (ne parlavamo in un focus sulla base di una ricerca CRESME), è cominciato diversi anni fa.

I risvolti sociali di alcune operazioni di riqualificazione non solo di singoli immobili, quanto piuttosto di intere aree delle nostre città sono ormai ben visibili.

Basti pensare al caso emblematico di Torino: prima con le riqualificazione dei quartieri centrali nel corso degli anni ‘90, e poi con il maquillage di ampie zone della città in previsione delle Olimpiadi Invernali del 2006, con le profonde trasformazioni subite dal territorio urbano e lo sviluppo di nuove forme di socialità e di gentrification in quartieri simbolo della città.

E’ evidente dunque che le iniziative immobiliari in grado di attirare investimenti saranno sempre più da valutare sulla base degli impatti sociali a livello di singole unità abitative e di lavoro, ma anche a livello di come i nuovi edifici/quartieri o gli edifici/quartieri riqualificati cambiano la vita al loro interno sull’intero tessuto urbano.

Di questo abbiamo parlato con la Fondazione per l’Architettura di Torino in un altro nostro focus che vi consigliamo di leggere.

Già ma quali gli obiettivi a cui puntare per rispettare la componente sociale e indirizzare correttamente l’investimento immobiliare?

Di recente, nel luglio 2021, l’Unione Europea ha diffuso una bozza di tassonomia anche su questi aspetti sociali.

Si tratta di una bozza che prende le mosse dalla tassonomia ambientale per “farla diventare” sociale e lo fa procedendo su due dimensioni.

Una prima dimensione verticale, che concentra l’attenzione su prodotti e servizi per le necessità di base delle persone (diciamo “infrastrutturali”, per usare una sintesi): le iniziative economiche che rendono questi prodotti e servizi più diffusi e accessibili e lo fanno senza danneggiare altri obiettivi sociali, possono essere considerate “socialmente sostenibili”.

Una seconda dimensione orizzontale invece tiene in considerazione gli impatti delle iniziative economiche su diversi gruppi di persone che ne risultano in qualche modo coinvolte: lavoratori, utenti, comunità.

Il documento prodotto identifica quindi quattro pilastri fondativi per determinare gli obiettivi da raggiungere:

  1. La dichiarazione universale dei diritti umani
  2. La dichiarazione dell’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) sui principi e i diritti fondamentali del lavoro 
  3. I principi guida dell’ONU per il business e i diritti umani
  4. Le linee guida dell’OCSE per le imprese multinazionali
Governance
G come Governance

G come governance

La G di governance svela forse la porzione più multilivello dell’intero acronimo “ESG”.

Si tratta di una governance che, infatti, va esercitata su piani che corrono simultaneamente nella stessa direzione ma in ambiti differenti e che, soprattutto, danno in questo momento la migliore opportunità per quei framework volontari di progetto e azione di cui parlavamo poco fa.

Si parte con la governance degli aspetti di efficienza energetica dell’immobile: il primo passaggio è quello di avere una gestione efficiente e digitalizzata della componente energetica (e quindi di emissioni: ritornano di nuovo il tema ambientale e quello sociale) dell’edificio.

Ne abbiamo parlato con dovizia di particolari nel nostro focus dedicato alla digitalizzazione dell’edilizia e anche quando abbiamo affrontato i temi BIM, Digital Twin, e PropTech: le soluzioni di efficientamento energetico e, soprattutto, il monitoraggio costante dei parametri “vitali” degli immobili utilizzando sensori intelligenti e sistemi di aggregazione e interpretazione dei dati basati sul reale utilizzo degli edifici sono oggi centrali per andare verso una buona governance degli asset immobiliari e dei conseguenti investimenti.

Si passa poi attraverso la gestione del benessere degli individui all’interno degli immobili, sia in un contesto abitativo sia, soprattutto, in un contesto commerciale o di lavoro.

Progettare (o riqualificare) per il benessere delle persone diventa un dovere, in grado anche di valorizzare l’investimento dando valore agli immobili.

Il monitoraggio dei parametri del benessere delle persone, il rispetto di criteri di buona progettazione, l’ottenimento di certificazioni come WELL sono tutti pilastri di una governance sostenibile.

Per avere un quadro della situazione in questo ambito, abbiamo preparato un focus dedicato agli edifici e al benessere.

Come se stessimo pilotando un drone che a un certo punto alziamo in volo allargando il campo visivo dei nostri occhi con una carrellata all’indietro, immaginiamo di “alzarci” in volo rispetto al singolo immobile e al singolo individuo: ecco che la governance sostenibile deve, necessariamente, arrivare ad occuparsi dell’insieme di immobili (il quartiere, l’area) e dell’insieme di persone (la comunità di riferimento).

Diventa allora necessario spostare l’analisi (e gli interventi che ne conseguono per aumentare il valore e diminuire il rischio) alla gestione dei flussi di movimento interni ed esterni agli immobili, ai servizi di prossimità, all’idea di città.

In questo senso diventano centrali alcune figure da coinvolgere come quelle dei progettisti e degli architetti, la cui visione deve essere formata per comprendere ed affrontare la complessità degli ingranaggi che compongono questa macchina complessa di nome ESG.

Ecco che la formazione diventa centrale, come ci ha raccontato Eleonora Gerbotto della Fondazione per l’Architettura di Torino, e la figura del progettista deve abbracciare la multidisciplinarietà richiesta dai tempi: con il programma di formazione per professionisti chiamato RE-Xpert, REbuilding network cerca di fare proprio questo.    

Dalla teoria alla sua applicazione

REbuilding network ha come missione quella di favorire la riqualificazione del patrimonio immobiliare italiano, di renderlo efficiente, e di abbassare il livello di rischio di un investimento immobiliare rendendolo sostenibile sia economicamente sia secondo i parametri ESG.

Alla base di queste azioni un metodo, degli attori competenti, e la capacità di gestire il processo dall’inizio alla fine con soluzioni chiavi in mano.

Per ragionare insieme su questi temi, contattaci, mentre per rimanere informato sui prossimi focus iscriviti alla newsletter.