Una fotografia di come viene gestito il patrimonio immobiliare di banche, assicurazioni, enti previdenziali e fondi immobiliari in relazione all’aspetto chiave della riqualificazione energetica.

Il patrimonio immobiliare del nostro paese ha quattro attori principali che si spartiscono la proprietà di circa 82.000 immobili, pari a 59 milioni di metri quadri totali, per un valore complessivo di circa 106 miliardi di euro: si tratta di banche, assicurazioni, enti di previdenza e fondi immobiliari, con questi ultimi che spesso hanno in gestione proprietà dei primi tre soggetti.

Con un patrimonio di valore così ampio a cui badare, i costi di gestione sono ovviamente decisivi per la redditività assicurata dagli immobili: in questa pagina cerchiamo di definire gli approcci alla riqualificazione che questi grandi gruppi dimostrano di avere per tutelare e rendere sempre più redditizio il proprio patrimonio.

Analisi dei costi di gestione del progetto di riqualificazione
I costi di gestione sono una delle principali leve di riflessione per puntare alla riqualificazione di un immobile

Partiamo però prima da una fotografia della realtà immobiliare italiana.

Come abbiamo detto, il patrimonio si suddivide in quattro grandi tipi di proprietà in questo modo:

  • le banche e gli enti previdenziali detengono ciascuna oltre 30.000 unità immobiliari, parte destinata a immobili strumentali, parte a reddito (è il caso specialmente degli enti previdenziali)
  • assicurazioni e fondi immobiliari hanno meno unità a disposizione (oltre 16.000 le assicurazioni, quasi 20.000 i fondi) ma con consumi energetici che sono sostanzialmente in linea con quelli delle altre due tipologia di proprietà, per un totale di oltre 12 milioni di mega watt all’anno

Le categorie di utilizzo prevalenti di tutti questi immobili sono sostanzialmente due, e sono quelle che utilizzeremo nella nostra analisi: per uso ufficio oppure residenziale.

Infine, l’età media di questi edifici è alta: dei quasi 1500 edifici di proprietà delle banche ad uso strumentale, circa il 27% è stato costruito prima del 1919, e oltre il 43% ha un’età compresa tra i 18 e i 57 anni. Solo 32 edifici (pari a poco più del 2%) sono stati costruiti negli ultimi 10 anni.

Gli edifici ad uso ufficio

Il 75% degli uffici italiani ha un impianto di climatizzazione dell’aria 4.6 MB
Il 75% degli uffici italiani ha un impianto di climatizzazione dell’aria 4.6 MB

Degli oltre 4300 edifici ad uso ufficio dei quattro grandi tipi di proprietari immobiliari italiani, oltre l’87% è a reddito, con una gestione prevalente in mano ai fondi immobiliari.

Si tratta di edifici principalmente edificati in cemento armato e muratura che generalmente hanno un sistema di climatizzazione (il 75% lo ha), di solito di tipo fisso  VRV/VRF.
Solo il 24% ha delle unità di trattamento dell’aria, e appena l’8% impiega fonti di energia rinnovabile per alimentarsi.

Il 60% di questi immobili ha oltre 50 anni di vita e si riscalda a gas naturale: la metà utilizza i tradizionali radiatori per irradiare calore negli ambienti.

Gli edifici ad uso residenziale

Gli edifici destinati ad uso residenziale di proprietà di banche, assicurazioni, enti di previdenza e fondi immobiliari sono complessivamente poco più della metà di quelli ad uso ufficio (2420).

Tutti quanti hanno un impianto di riscaldamento invernale, suddiviso equamente tra impianti centralizzati e autonomi. Oltre il 90% lo alimenta a gas naturale, e per diffondere l’aria climatizzata vengono utilizzati i classici radiatori nel 94% dei casi.

Radiatori da riscaldamento
Solo 6 edifici residenziali su 100 non usano i radiatori per riscaldare gli ambienti

Anche in questo caso il patrimonio di edifici è decisamente datato: più del 55% del totale è stato edificato oltre 50 anni fa, e solo un quarto degli immobili ha meno di quarant’anni.

Che occasione rappresenta la riqualificazione per edifici così datati?
Va detto con chiarezza: un’occasione unica, forse irripetibile, per renderli più efficienti e in grado di generare valore aggiunto in termini di gestione e reddito.

In una ricerca fatta dal CRESME nel 2017, si è ipotizzata una simulazione di riqualificazione del 20% di edifici di questo patrimonio, prendendo in considerazione i più voraci dal punto di vista energetico. I dati ENEA sono stati incrociati con le diverse condizioni climatiche, tipologie edilizie, epoche di costruzione e destinazioni d’uso degli immobili.

Utilizzando un mix di interventi di riqualificazione, la simulazione ha restituito dati incoraggianti: è possibile ridurre i consumi di circa il 43% per gli edifici sedi di uffici, e del 35% per quelli residenziali.

In termini di denaro, questo vorrebbe dire risparmi nell’ordine dei 50 milioni di euro all’anno per gli edifici sedi di uffici e di 10 milioni per gli edifici ad uso residenziale.

Un laptop espone i risultati in termini di risparmio dalla riqualificazione
Riqualificare si traduce in risparmi sensibili nel corso del tempo

Se, dunque, la riqualificazione presenta questi vantaggi, ciò che manca alla nostra fotografia sono i ritratti di chi alla riqualificazione immobiliare si interessa: quali sono i profili di approccio a questo tema?

I modelli di approccio alla riqualificazione

Sulla base dello screening effettuato nella ricerca del CRESME già menzionata, i modelli di approccio alla riqualificazione sono sostanzialmente cinque.
Se per un attimo consideriamo l’investimento in riqualificazione come un investimento in una “tecnologia (ri)abilitante” per gli immobili, possiamo provare a definire i modelli con la famosa curva a campana di Rogers e prendere a prestito una terminologia che già conosciamo in altri campi di studio.

Modello 1: gli innovatori

Soggetti che seguono processi di riqualificazione solidi e avanzati, con una programmazione costante degli interventi necessari.

Si tratta principalmente di banche e assicurazioni, soggetti con basi finanziarie molto solide che possono impiegare agevolmente per gli investimenti in riqualificazione.

Rappresentano circa il 12% dell’intero patrimonio immobiliare dei quattro grandi gruppi di proprietari.

Gli investimenti più corposi vengono solitamente destinati agli edifici strumentali di maggiori dimensioni: avendo i costi di gestione più alti sono anche quelli che assicurano i risparmi maggiori. Gli interventi sul patrimonio a reddito riguardano invece principalmente edifici alberghieri e uffici nelle localizzazioni più appetibili.

Un palazzo di moderna edilizia di grandi dimensioni
Gli edifici di grande dimensione sono molto frequenti in questo modello di riqualificazione

Dopo il 2016 anche il settore delle eccellenze ha diminuito gli investimenti in riqualificazione, imbracciando una tendenza ad accorpare negli edifici più strategici tutte le funzioni direttive e ad accorpare le filiali operative riducendo le superfici occupate.

Le assicurazioni mostrano una tendenza sempre più forte a certificare i propri immobili con gli standard ISO 50001 e LEED.

Gli interventi in questa categoria sono effettuati principalmente tramite finanziamenti interni, valutando anche interventi ESCO e del Finanziamento Tramite Terzi.

I proprietari/ gestori con alta propensione alla riqualificazione nutrono scarsa fiducia in chi si è finora posto come ESCO, FTT, EPC. Possono però far ricorso al FTT in presenza di progetti solidi e strutturati.

Le decisioni sugli interventi sugli immobili vengono prese fondamentalmente dall’asset management in accordo e su delega del top management: più è corta la catena decisionale più sarà rapido e snello il processo decisionale per la riqualificazione. Inoltre, presentando dei casi pratici con i risultati degli interventi è più facile ottenere la fiducia del top management.

La contrattualizzazione segue una procedura standard, sia che sia gestita internamente sia in outsourcing; quasi tutte le operazioni passano per un albo fornitori. Il rapporto con fornitori ed esecutori premia sempre la proattività dopo aver instaurato un rapporto di fiducia.

Modello 2: la maggioranza

Soggetti che intervengono solo nel momento in cui sia necessario o si riveli opportuno/conveniente.

È al momento il modello decisamente più frequentato: rappresenta il 35% del patrimonio di banche, assicurazioni, SGR, enti di previdenza, pari al 41% delle superfici gestite di tutto il paese.

Il modello si applica principalmente agli edifici a reddito, con le opportunità di riqualificare che emergono al termine dei contratti di locazione per edifici troppo datati, magari minacciati dalla concorrenza di edifici vicini più performanti.

I gestori degli edifici sono consapevoli del ritorno di immagine derivante dalla riqualificazione di interi stabili e tendono a concentrare gli interventi su immobili in cui sono stati opzionati contratti locativi con gli adeguati canoni di locazione, per garantirsi un’elevata remunerazione.

Occasionalmente soggetti con una propensione alla riqualificazione più bassa, seguono questo modello grazie agli incentivi locali (comunali o regionali), ai contratti a canoni convenienti e all’incremento della concorrenza di immobili qualitativamente superiori. Difficilmente diminuiscono il proprio livello di propensione, altrimenti rischierebbero di perdere le opportunità di profitto offerte dal mercato.

La riqualificazione energetica degli immobili di questa categoria deve sottostare al livello di occupazione degli spazi, alla disponibilità dei locatari e ai tempi di esecuzione dei lavori.

La progettualità degli interventi in questa categoria è strutturata, ma rimane comunque legata all’immobile e alla richiesta dei conduttori: la politica perseguita più frequentemente in questa tipologia di edifici è quella di non “perdere inquilini”.

Immobile a più piani
Garantire l’occupazione dell’immobile è fondamentale per chi adotta questo modello di riqualificazione

In pochi casi sono presenti certificazioni, e alcuni interventi possono anche essere complessi, su impianti e involucro. Gli strumenti di automazione e misurazione non sempre sono presenti.

Gli investimenti di riqualificazione edilizia ed energetica sono quasi tutti CAPEX (Capital Expenditure, Spese in conto capitale), mentre per interventi minori legati ad impianti termici c’è la possibilità di FTT.

In generale la decisione sugli interventi è presa a livello top management, e nelle Assicurazioni ci sono strutture dedicate che collaborano con i settori tecnici e con i gestori degli impianti.

La maggior parte delle operazioni di riqualificazione passa per la procedura della gara e la scelta delle imprese avviene attraverso l’albo fornitori.

Solitamente la procedura determinata per la gestione degli appalti è la seguente:

  • Top management o Asset management manifestano l’intenzione di procedere con l’investimento CAPEX
  • La società di servizi in outsourcing seleziona le imprese dal suo Albo Fornitori
  • Si avvia una gara d’appalto con almeno tre partecipanti

La procedura di contrattualizzazione è quella standard seguita da grandi proprietari e gestori immobiliari: viene selezionato dall’albo un gruppo di possibili imprese, si redigono i capitolati e si pone in gara l’oggetto degli interventi. Il tutto è controllato in dalla struttura manageriale o dalle società in outsourcing.

Il rapporto con i fornitori spesso è delegato alle società in outsourcing, e non sempre la rotazione dei fornitori viene applicata integralmente.

Modello 3: i ritardatari

Soggetti che tendono a riqualificazione solo dopo aver tentato numerose soluzioni a basso costo, senza ottenere risultati soddisfacenti.

Si tratta di un modello che riguarda il 31% delle superfici gestite dai quattro grandi gruppi e il 16% delle superfici di edifici gestiti in Italia.

In questa categoria possono rientrare tutte le figure di proprietario/gestore immobiliare (SGR, Enti Previdenziali, Società Immobiliari, imprese edili, Banche e Assicurazioni), essendo il modello di riferimento soprattutto per gli edifici a reddito con finalità di alienazione all’interno di patrimoni vetusti di proprietà di Enti Previdenziali e Fondi Immobiliari.

Stabile d’epoca
I vecchi stabili rientrano spesso in questo modello di riqualificazione

L’unico fattore di scelta di questo modello è dato dal rapporto tra il costo da sostenere e il ricavo della successiva vendita dell’immobile: si tratta quindi di un modello utilizzato quando la propensione alla riqualificazione è bassa o nulla.

Gli interventi sono studiati per la massimizzazione del valore di vendita o di locazione e non per il contenimento dei costi gestionali o per il miglioramento del comfort degli occupanti: essendo l’orizzonte temporale di breve periodo i soggetti non sono interessati alla misurazione dei risultati attesi, e non è possibile una schematizzazione della progettualità e della tipologia di interventi. Le misure vengono effettuate solo su richiesta del tenant o in caso di necessità.

Anche in questo caso la maggior parte dei finanziamenti sono in conto capitale e le decisionisono prese dal top management o dalla diretta proprietà del patrimonio immobiliare.

I quattro grandi gruppi di proprietari operano attraverso una gestione interna o in outsourcing, gli altri operatori del mercato procedono per affidamento diretto ad imprese di fiducia, oppure possono provvedere in proprio alla riqualificazione nel caso di imprese di costruzioni o sviluppatori immobiliari.

Il rapporto con fornitori ed esecutori è occasionale e basato sul prezzo.

Per gli ultimi due modelli individuati, i più lontani dalla riqualificazione, occorre andare oltre il limite destro della curva, coniando due nuove categorie.

Modello 4: i disinteressati per vocazione

Soggetti che non intendono valorizzare una parte del patrimonio immobiliare e applicano politiche di gestione opportunistiche.

Si tratta di un modello che incide per il 22% sul patrimonio dei quattro grandi gruppi e per il 5% delle superfici gestite in Italia.
I soggetti più rappresentativi di. questo gruppo sono i fondi speculativi o con finalità opportunistiche, trading immobiliare e gestione leasing immobiliare.

I traders immobiliari puntano a spuntare prezzi minimi in acquisto e massimizzarli nell’alienazione. I patrimoni immobiliari in oggetto sono a reddito o non utilizzati.

Le strategie opportunistiche di alcuni fondi prevedono l’acquisto di immobili non performanti sotto ogni aspetto, l’intervento con soluzioni minime e in seguito la rivendita. La propensione alla riqualificazione dei soggetti inclusi in questa categoria è sostanzialmente nulla.

Struttura immobiliare in disuso

La progettualità degli interventi è nulla per le società di leasing e per i trader immobiliari, mentre può essere elevata per i fondi immobiliari opportunistici poiché, essendo supportati dalla SGR, possono gestire interventi più complessi.

Gli interventi di riqualificazione edilizia ed energetica sono in massima parte finanziati in conto capitale, e spesso si preferisce concordare interventi a spese dei nuovi locatari.

Le decisioni vengono prese a livello top management oppure dalla diretta proprietà del fondo immobiliare. Nel caso di fondi immobiliari opportunistici le decisioni passano dalla consulta dei quotisti o dal quotista unico.

La gestione contrattuale è completamente interna o in outsourcing e il rapporto con i fornitori è anche in questo caso occasionale e basato sul prezzo.

Modello 5: disinteressati per DNA

Soggetti con patrimoni immobiliari di medie dimensioni che non richiedono interventi di riqualificazione perché separano l’investimento immobiliare dalla valorizzazione e gestione attiva.

Si tratta di un modello che non rappresenta i grandi gruppi di proprietari/gestori immobiliari, ma rappresenta ben il 32% dell’intero mercato della riqualificazione edilizia ed energetica.

Questa modalità di approccio nasce dalla convinzione di investitori e proprietari immobiliari che l’immobile mantenga inalterato il proprio valore anche in condizioni di obsolescenza strutturale: parliamo di medi e piccoli proprietari, imprese edili e condomini “tradizionali”.

Immobili datati e abitati
Rientrano in questo modello, ad esempio, edifici utilizzati dagli stessi proprietari

In questo modello rientrano tutte le tipologie di patrimoni: quelli utilizzati direttamente dai proprietari, quelli offerti in locazione, quelli invenduti dalle imprese edili e quelli a proprietà frammentata come i condomini.

La propensione alla riqualificazione dei proprietari è bassa, non vi è un reale interesse per il risparmio energetico: la tendenza in questa categoria è di non effettuare interventi, e quelli che si effettuano sono mirati agli elementi più vetusti e più deboli, finanziandoli tramite linee di credito bancario basate sul merito creditizio del proprietario e non legate al singolo intervento.

È anche difficile in questo caso stabilire una modalità decisionale poiché i proprietari stabiliscono interventi minimi dettati dalla necessità: deve ancora diffondersi il concetto di risparmio sul costo di gestione che permette il rientro nell’investimento iniziale ed un guadagno futuro.

Le opere, essendo occasional, sono solitamente affidate ad esecutori ed il rapporto con fornitori ed esecutori è basato sul prezzo.

L’approccio integrato alla riqualificazione di REbuilding network

REbuilding network, con la struttura a rete che mette a fattore comune il know-how e le  eccellenze specifiche dei propri soci, riesce a proporre il proprio approccio integrato alla riqualificazione a cavallo di questi diversi modelli  e soggetti coinvolti.

Per saperne di più vi consigliamo il racconto del nostro metodo, alcuni dei nostri case study, e la pagina del sito per entrare in contatto con noi, magari dopo aver provato a fare una misurazione dei consumi dell’edificio che vi interessa.