Il tema della decarbonizzazione è di certo uno dei più contemporanei nel settore edilizio, anche in conseguenza delle politiche ambientali di molti paesi dell’Unione Europea. 

Nell’ambito del Pacchetto Clima-Energia approvato nel 2014, è stato definito l’obiettivo del 27% di consumo energetico da fonti rinnovabili entro il 2030, con la riduzione del 30% delle emissioni di alcuni settori industriali, tra cui quello edilizio.

REbuilding network dedica questa ampia riflessione alla decarbonizzazione, coinvolgendo Arcadis, uno dei leader mondiali nella consulenza e progettazione in ambito di ingegneria civile e ambientale.

Iniziamo vedendo insieme che cosa si intende con decarbonizzazione, per passare poi rapidamente all’opinione di Arcadis.

skyline di Shangai
Immagine: Stefan Fussan (CC BY-SA 3.0)

Decarbonizzazione: di che cosa si tratta

Tecnicamente, la decarbonizzazione è il processo di riduzione del rapporto tra carbonio e idrogeno di una fonte energetica.

Nelle aziende, decarbonizzare significa agire nella direzione di ridurre la CO2 generata nei processi aziendali, mentre in senso più lato “decarbonizzazione” è uguale a usare fonti energetiche prive di carbonio, come ad esempio le rinnovabili, che non rilasciano anidride carbonica in atmosfera.

Si sente spesso parlare di carbon footprint diretta proprio in relazione alla CO2 generata durante i processi produttivi, o di carbon footprint indiretta, che invece fa riferimento alla supply chain che si aggancia ai processi produttivi.

Di fatto, e per motivi facilmente comprensibili al di là degli obiettivi europei, la decarbonizzazione è oggi un tema su cui tutti i settori industriali, compreso quello delle costruzioni, si giocano molto, se non tutto.

amazon pledge fund logo
L'Amazon Pledge Fund vuole azzerare le emissioni di carbonio aziendali entro il 2040

Lo dimostrano scelte molto nette di alcuni colossi dell’imprenditoria mondiale, come Amazon, ad esempio, che risultano trainanti per qualunque attore di dimensioni minori: la società di Jeff Bezos ha infatti investito oltre 2 miliardi di dollari all’interno di un Climate Pledge Fund, il cui scopo è azzerare le emissioni nette di carbonio entro il 2040.

In questo panorama, perché la decarbonizzazione è importante per l’edilizia?

Decarbonizzazione ed edilizia: un quadro per orientarsi

Come dicevamo poco sopra, la decarbonizzazione e, in generale, il tema della riduzione delle emissioni, è il punto su cui l’edilizia italiana si gioca molto del proprio futuro.

Molto è stato già fatto: il Rapporto ISPRA sugli indicatori di efficienza e decarbonizzazione nei principali paesi europei pubblicato nel 2020 mostra come i settori manufatturiero e delle costruzioni abbiano diminuito le emissioni di CO2 di oltre il 40% negli ultimi 20 anni. 

Molto però rimane ancora da fare.
Per questo sono nati strumenti utili come il CRREM (Carbon Risk Real Estate Monitor), ideato dall’Unione Europea per accelerare la decarbonizzazione del settore real estate e per aumentare la sua resilienza – sia dal punto di vista energetico, sia dal punto di vista del valore commerciale – in un mondo dominato dal riscaldamento globale.
Con un patrimonio edilizio piuttosto anziano, come nel caso italiano (ma il discorso vale anche per molti altri paesi europei) si è davanti a un rischio molto forte, e già presente: gli edifici esistenti, poco efficienti dal punto di vista energetico (e quindi energivori), hanno bisogno di cospicui interventi di retrofitting per migliorare le proprie prestazioni. Questa situazione, nel panorama attuale e dei prossimi anni, in cui il riscaldamento globale avanzerà e richiederà al mercato delle soluzioni di edilizia in linea con le iniziative per arginare il fenomeno, porterà inevitabilmente a un impoverimento del valore di mercato degli edifici che non sono in grado di stare su questa stessa linea.

Da qui l’idea del CRREM che fornisce, tra l’altro, framework, strumenti e metodi per misurare le iniziative di decarbonizzazione nel real estate. 

Misurazioni che sono fondamentali per l’altro attore coinvolto in questo processo di riconsiderazione delle emissioni del settore edilizio: la finanza

Ne ha parlato recentemente la Consob all’interno del Quaderno “La finanza per lo sviluppo sostenibile”.

Per raggiungere la neutralità climatica – dice la Consob – servono investimenti superiori ai fondi del bilancio Ue, con un fabbisogno supplementare stimato in 180 miliardi di euro all’anno: per superare questo divario economico di fondi e favorire una transizione ordinata verso un’economia a basse emissioni di carbonio, “il sistema finanziario è chiamato a svolgere un ruolo centrale”

Su quali sfide si giocherà la partita decarbonizzazione vs edilizia?

CRREM immagine istituzionale

Decarbonizzazione ed edilizia: le sfide in campo

Le sfide su cui il settore edilizio è chiamato a fornire una prestazione degna di nota sono ben riassunte dal bando Reinventing Cities, per la costruzione di un futuro green ed equo.

Potremmo accorparle in tre macro aree, che vi proponiamo in breve. 

Ottenere un’efficienza energetica a basse emissioni

Significa, sostanzialmente, ridurre la quantità di energia di un edificio ha bisogno per riscaldamento, condizionamento estivo, produzione di acqua calda sanitaria, aerazione, illuminazione, elettricità, e così via. Implica il fatto di promuovere la produzione e l’uso di energia “pulita” all’interno degli edifici. 

 

Valutare il ciclo di vita degli edifici e gestire in modo sostenibile i materiali da costruzione

L’obiettivo in questo caso è ridurre le emissioni di carbonio che sono implicate dal progetto edilizio: ridurre cioè il ciclo di vita dei gas serra che sono generati nella produzione e nel trasporto dei materiali edili, nella costruzione dell’edificio, e nella sua demolizione eventuale a fine ciclo di vita.

I progetti di rigenerazione di edifici esistenti sono considerati preferibili rispetto al binomio demolizione/nuova costruzione: ecco quindi che l’attenzione deve spostarsi su materiali a bassa emissione in tutte le loro fasi di vita (estrazione, lavorazione, trasporto, smaltimento). A titolo di esempio: il legno rientra in questa categoria di materiali, così come il calcestruzzo a basse emissioni. Riutilizzo e riciclo dei materiali sono altri due temi molto forti. 

 

Creare le condizioni per e promuovere una mobilità a basse emissioni

L’idea è che l’edilizia possa contribuire a proporre sviluppi urbani che vadano oltre i modelli attualmente in essere. Sviluppi in grado di incentivare e promuovere spostamenti a piedi, in bicicletta, con il trasporto pubblico, con i vari servizi di mezzi in sharing o con mezzi elettrici e a basse emissioni.

Il discorso si sposta quindi, in quest’ultima e più complessa sfida, dal singolo edificio al complesso edilizio, al quartiere, e poi all’intera città.

Su questo abbiamo deciso di coinvolgere Arcadis.

Decarbonizzazione: il parere di Arcadis

Vediamo dunque come Arcadis, leader mondiale nella consulenza e progettazione in ambito di ingegneria civile e ambientale, guarda a questa prospettiva. Lo facciamo con poche domande che abbiamo posto ad Antonello Magliozzi, Head of Design & Engineering di Arcadis Italia.

Antonello Magliozzi
Antonello Magliozzi - Head of Design & Engineering di Arcadis Italia

D: Antonello, in un contesto come quello della rigenerazione urbana, in cui il focus passa dal singolo edificio all’area, al quartiere, potenzialmente all’intera città, come si declina il tema della decarbonizzazione?

R: Le necessità di riduzione dell’impronta ecologica secondo l’Agenda 2030-50 riguardano tutte le attività primarie dell’uomo: dall’industria generica ai trasporti, dalla produzione dell’energia all’industria delle costruzioni. 

Un unico ecosistema multidimensionale che determina le problematiche del riscaldamento globale, con l’urgenza sancita dagli accordi internazionali così come ricordato continuamente dai mass media. 

Per questo, la decarbonizzazione della filiera dell’edilizia, che da sola incide per la maggior parte delle emissioni di CO2 in atmosfera, richiede una visione estesa alle diverse attività primarie dell’uomo in funzione dell’intero ciclo di vita “cradle to grave” degli stessi edifici.

L’efficacia di una strategia di decarbonizzazione dell’edilizia richiede così progetti che limitino i consumi di ogni genere e che, anzi, inneschino processi virtuosi di risanamento ecologico. Un’opportunità che declina il massimo risultato perseguibile nei progetti che riguardano i quartieri o le città, ovvero quelle aree che ospitano più del 80% della popolazione globale del nostro pianeta. 

Ogni intervento di recupero o rigenerazione delle città può avere infatti un impatto significativo sia per la riduzione dell’impronta di carbonio preesistente, sia per gli effetti indotti sulla salute ed il benessere delle persone e delle comunità. Tuttavia, la rigenerazione urbana de-carbonizza il pianeta solo se innesca un processo di economia circolare che interessa ogni scelta del progetto ed ogni stakeholder, se riguarda in modo sinergico tutte le tematiche ambientali, sociali e di governance.

La decarbonizzazione nei progetti di rigenerazione urbana richiede infatti uno sforzo che unisce l’impegno di investitori privati a quello delle pubbliche amministrazioni in un processo di ri-equilibrio a lungo termine. I parametri misurabili, i KPI di progetto, interessano tutte le attività primarie dell’uomo e, come nel nostro progetto LOC Cetruus Nhood di Piazzale Loreto a Milano nell’ambito della competizione C40 Reinventing Cities, richiedono il soddisfacimento di molteplici sfide progettuali. 

In tal caso, il progetto di decarbonizzazione si è infatti basato sulla misura dell’efficienza energetica unitamente al ciclo di vita dei materiali da costruzione. 

Allo stesso tempo, ha riguardato i temi ambientali della biodiversità, quelli della nuova mobilità a basse emissioni, così come quelli dei dispositivi urbani di resilienza e adattamento climatico, insieme alla previsione di gestione delle risorse idriche e dei rifiuti. 

L’insieme di tali sfide ha assicurato gli effettivi benefici sociali della rigenerazione urbana ed ha così determinato la possibilità di un processo di decarbonizzazione che può essere esteso all’intero quartiere.

D: Che tipo di considerazioni occorre fare rispetto all’edificio considerato come un unicum?

R: L’edificio è un organismo che vive insieme a chi lo utilizza. 

Sin dall’antichità è stato considerato come un manufatto che risponde a necessità strutturali, funzionali ed estetiche. È sempre stato un’integrazione di spazi e componenti per l’utilità generale dell’uomo. Oggi può essere considerato come un “unicum” a più dimensioni così come definito nei progetti di edifici attraverso le attività di digital engineering. 

Nei nostri progetti in ambiente BIM, l’edificio ha infatti una sua consistenza materica e tecnologica 3D, che include geometrie ed informazioni, ma comprende anche l’analisi della durata degli interventi esecutivi insieme alla gestione dei costi di realizzazione nelle cosiddette dimensioni 4D e 5D. Include altresì la dimensione 6D inerente la futura gestione dell’opera e la dimensione 7D per la valutazione della sostenibilità.

L’edificio è così un unicum che include molteplici parametri che riguardano la gestione del suo intero ciclo di vita, dal progetto alla realizzazione, dalla conduzione e l’uso alla sua dismissione. Grazie ai processi di digitalizzazione della 4° rivoluzione industriale, l’edificio diventa uno smart building che migliora ogni aspetto della costruzione rispetto alle mutevoli esigenze dell’utilizzatore, che consente l’ottimizzazione e l’efficientamento di ogni suo utilizzo, e che riduce il carbon footprint in tutte le fasi della sua vita. 

In quest’ottica, considerato che la fase d’uso dell’edificio impatta per circa l’85% delle emissioni di CO2 dell’intero ciclo di vita, l’edificio come unicum include un “digital twin” al fine di consentire una gestione che limiti costi e consumi, e che in tal modo contribuisca alla decarbonizzazione del pianeta.

D: Quali sono a suo giudizio le metriche migliori per misurare il lavoro sulla decarbonizzazione e quali gli strumenti da mettere in campo per presentare al meglio al mercato il valore dell’investimento su questo processo?

R: Il principio della misura dei livelli decarbonizzazione determina il valore della sostenibilità di qualsiasi intervento. 

È alla base di ogni strategia progettuale e dipende dall’individuazione e della quantificazione dei consumi delle materie prime e dell’energia in tutto il ciclo di vita degli edifici. Una misura che individua il peso dei progetti in termini di CO2eq rispetto ai dati di progetti convenzionali equivalenti, ovvero secondo un’impostazione “business as usual”. 

Il rilievo dell’effettivo miglioramento di un processo di decarbonizzazione richiede quindi metriche attendibili e dati di benchmark aggiornati.

Oggi esistono diversi protocolli internazionali che disciplinano i criteri di misura del embodied carbon footprint che sono finalizzati a diverse tipologie di progetti che vanno dal livello dell’edificio esistente a quello di progetto, dal livello del territorio a quello delle infrastrutture. Non esiste dunque una metrica ideale per la misura dell’impronta di carbonio che è definibile migliore. È tuttavia importante sottolineare come il comune denominatore di ogni metrica consista nella disponibilità dei dati di misura delle tecnologie e dei consumi di ogni asset in tutto il ciclo di vita.

Nell’ultimo periodo, specie in riferimento al settore dell’edilizia, rilevo una particolare attenzione nelle aziende o negli operatori immobiliari per le valutazioni del carbon footprint che utilizzano metriche o frameworks di sostenibilità patrocinati dall’unione europea, come il Carbon Risk Real Estate Monitor (CRREM) e l’EU Taxonomy. 

Tali strumenti hanno il vantaggio di confrontare il valore delle emissioni in atmosfera rispetto a dei benchmark europei e di verificare che gli asset o i portafogli immobiliari siano conformi a determinati limiti, ovvero “elegibili”, in una scala temporale che arriva sino al 2050. Dati che aiutano così ad identificare una strategia di gestione dei beni nei prossimi trenta anni con previsione di interventi di miglioramento o retrofitting nel caso di necessità., con un approccio che tende creare un parallelismo tra il livello di decarbonizzazione ed il valore economico nel tempo.

Gli investimenti delle aziende richiedono quindi un approccio ai temi della sostenibilità per preservare il valore dei propri beni. 

Un’azione che non include il solo utilizzo dei richiamati tools per la misura della decarbonizzazione, ma che si estende a tutte le tematiche ESG per considerare, oltre ai temi economici e di business, anche i parametri ambientali, le politiche sociali, le regole di governance e le prassi etiche. Una strategia che nel suo complesso può avere effetti economici duraturi e che, di fatto, innesca anche la Finanza 4.0, con uno stimolo per il mercato nazionale ed europeo della green economy secondo i principi del recente PNRR. 

Un motivo in più per considerare l’importanza della certificazione ESG, della rendicontazione degli usi e consumi, al fine di comunicare un impegno che genera valori tangibili ed intangibili.

D: Dal suo osservatorio, come vede oggi il ruolo della decarbonizzazione nella rigenerazione urbana e quali sono a suo giudizio le leve che dovremo azionare e i fili che dovremo muovere nell’immediato e nel giro di qualche anno per favorire il processo?

R: La rigenerazione urbana è per definizione sostenibile ed è cruciale per lo sviluppo dei maggiori livelli di decarbonizzazione, ma riguarda processi spesso lunghi, difficili, con iter burocratici complessi. 

Tuttavia, dal 2018 si è sviluppato un nuovo scenario, con un forte senso di consapevolezza sui temi di sostenibilità da parte di tutti i “policy makers”, e con diverse proposte di progetti alla scala del quartiere, spesso con procedure di partenariato pubblico privato. 

L’operatore privato ha infatti compreso l’importanza della rigenerazione urbana per lo sviluppo del valore privato in funzione dell’interesse pubblico e, parallelamente,  l’operatore pubblico ha promosso le stesse rigenerazioni per migliorare gli spazi e le funzioni della città.

Oggi assistiamo ad un fenomeno di dimensioni ancora più grandi. 

Il recente Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dedica circa 4,5 miliardi alla rigenerazione urbana ed il settore pubblico incentiva così in misura maggiore gli interventi di riqualificazione delle periferie e dei complessi delle case popolari, con la realizzazione di nuove unità di social housing per il riuso dei vuoti urbani o dei “brown field”. 

Già si contano centinaia proposte per progetti di rigenerazione in diverse regioni e comuni finalizzate a dimostrare e rendicontare l’inclusività, la sostenibilità e l’efficienza energetica, con una premialità rispetto al consumo di suolo zero.

Un nuovo impulso che in futuro genererà ulteriori operazioni con i medesimi criteri in una corsa verso il recupero ed il risanamento del territorio, per una effettiva decarbonizzazione alla scala della città. 

La vera sfida riguarderà i processi amministrativi per finalizzare ogni proposta e per questo lo stesso PNRR, che promuove semplificazioni e dichiara guerra alla burocrazia, crea ottimismo per un nuovo panorama in cui si potranno misurare i numeri e i traguardi di una pianificazione sostenibile.

La decarbonizzazione in REbuilding network

Una pianificazione sostenibile dunque, al centro delle iniziative edilizie del prossimo futuro. 

Sostenibilità che passa anche dagli interventi di riqualificazione sul patrimonio edilizio esistente, core business di REbuilding network.

Come viene vissuta dunque la decarbonizzazione all’interno della rete REbuilding?

Su quali assi si sviluppa l’azione del network per ridurre la CO2 in atmosfera?
Chiudiamo la riflessione proprio con queste linee di azione.

 

Decarbonizzazione REbuilding network: i materiali e le tecnologie

L’uso di materiali a bassa emissione diventa fondamentale, e ben lo sa Saint-Gobain, azienda manifatturiera tra le più antiche al mondo che propone non soltanto soluzioni come i vetri a bassa emissione, ma lavora anche nell’ottica di una riduzione di CO2 nel processo produttivo: i prodotti Saint-Gobain Italia sono realizzati nel nostro paese, nei due siti produttivi di Pisa e Caravaggio (BG), con una notevole riduzione delle emissioni legate al trasporto.

Anche ATAG, altro socio della rete REbuilding, è particolarmente attento alla propria impronta ecologica, non soltanto nella linea produttiva (che l’ha resa in breve tempo leader in Europa per le caldaie a condensazione), ma anche nella gestione dello stabilimento di Peschiera del Garda, un gioiello tecnologico a basso impatto che produce energia elettrica con un impianto di pannelli solari e pale eoliche.

 

Decarbonizzazione REbuilding network: la digitalizzazione

REbuilding network ha una profonda esperienza in termini di digitalizzazione e industrializzazione edilizia, operando con diversi soci in quest’ottica.
Un esempio sono i sistemi di misurazione dei dati degli edifici di Schneider Electric, di cui – tra le altre cose – parliamo diffusamente nel nostro focus dedicato a Industrializzazione e digitalizzazione dell’edilizia

 

Decarbonizzazione REbuilding network: l’edilizia off-site

REbuilding network vede tra i propri soci Zanetti, leader nell’edilizia off-site: l’azienda da anni adotta un modello organizzativo indirizzato verso la sostenibilità dei propri prodotti. Risparmio energetico e miglioramento delle performance sono declinati per prolungare il ciclo di vita degli involucri in alluminio, riducendone anche le necessità di manutenzione. Ad oggi il 50% dell’alluminio utilizzato per i profili Zanetti è riciclato, e l’obiettivo per il 2022 è di alzare questa soglia all’85%.

 

Decarbonizzazione REbuilding network: il metodo che migliora il processo

Non sono solo i prodotti e le soluzioni tecniche a determinare un buon processo di decarbonizzazione, come abbiamo visto nel corso di questa lunga riflessione. 

E’ importante che la decarbonizzazione diventi un fil rouge all’interno del metodo di lavoro di chi fa edilizia, di chi guarda al settore immobiliare. 

I soci REbuilding network stanno accompagnando le più importanti rigenerazioni urbane oggi in essere a Milano e Roma: Habitech, con il ruolo di esperto ambientale, fornisce i propri servizi di calcolo delle emissioni lungo tutto il ciclo di vita delle operazioni. Insieme a Schneider Electric si è aggiudicata l’importante bando Reinventing Cities C40 nel lotto Bovisa (Milano), e l’area Tuscolana (Roma).

All’interno della rete REbuilding grande attenzione viene data anche agli aspetti finanziari della decarbonizzazione: Habitech e Harley&Dikkinson giocano in questo un ruolo fondamentale, fornendo agli operatori strumenti concreti di valutazione e misura degli impatti tecnici e finanziari degli interventi.

Misura, valutazione, reportistica: chiavi fondamentali di una strategia che va oltre la decarbonizzazione e fa parte della grande famiglia della strategia ESG per orientare gli investimenti. 

Un tema – quello dell’ESG –  a cui abbiamo dedicato un approfondito focus che vi invitiamo a leggere

Come risulta evidente, l’interconnessione tra le azioni e i processi che rende efficace il panorama degli interventi verso la sostenibilità richiede un metodo di lavoro che metta in primo piano il miglioramento dell’iter lavorativo, che integri professionalità, competenze, soluzioni. 

Un metodo che i soci di REbuilding network hanno elaborato proprio per queste finalità.